Patrizia Bonardi

Patrizia Bonardi

 

2019 Performance - Legenda a cura di Franco Cipriano - S.Pietro a Ruoti

Mia figlia Silvia fra il 2019 e il 2020 è nei corpi civili di pace in Ecuador, frequenta le comunità Waorani e me ne parla. Ne rimango affascinata e colpita per il loro importante messaggio di tutela del pianeta e per il bisogno che venga tutelata la loro identià dai soprusi di chi mercifica l’Amazzonia.

Decido di dipingermi come loro, con la fascia/mascherina fatta da pigmenti ,naturali  direttamente sul viso e di dipingere anche chi danza con me, durante una serata in cui coinvolgo con naturalezza persone di ogni età.














































































































































































LEGENDA 

Viaggio Terrestre

Istallazioni performative


Patrizia Bonardi, Ciro Ciliberti, Franco Cipriano, Antonio Davide,  Heidseck, Gideon Mendel, Simon Norfolk, Pier Paolo Patti, Ciro Vitale


La riflessione

L’emergenza per le sorti della terra, dei suoi viventi e delle sue specie, segnala al suo estremo orizzonte la perdita delle condizioni della natura umana e della catastrofe della sua cultura. Il logos occidentale, fondato sull’interpretazione e trasformazione “tecnica” della natura, trova, nel tempo della massima espansione del suo dominio globale, il rivolgimento in crisi dei contesti ambientali  e sociali (dalla natura alle città, dalle forme della politica alle insorgenze etnico-nazionaliste-razziali)  della sua medesima invasività, fondata sul dominio del Potere sulla Terra e sul dissolvimento o l’assorbimento delle culture non  conformi alle logiche “imperialistiche” del  mercato  e non  produttive per le sue coordinate economiche capitalistico-finanziarie, delirio dei consumi, pratiche di emarginazione ed esclusione dei popoli fuori dal dispositivo di benessere alienato. La globalizzazione gestita dai mercati tecno-finanziari ha meccanismi di omologazione insostenibili sul piano culturale e storico. Ambiente e società, culture e storie sono inglobate nel dispositivo mercificante e tecnocratico. Persino la memoria antropologica, anima dell’abitare la Terra, è un ostacolo da rimuovere.  L’ambiente naturale, necessario per la persistenza della vita del Pianeta, è oggetto di deturpamento delle sue forme e di sconvolgimenti delle sue funzioni vitali. E s’incrina tragicamente il dialogo e l’ascolto che, da tempo immemore, l’umano ha incrociato e tessuto – nelle arti e nelle filosofie, nella vita quotidiana e nell’avventura, persino nell’origine e sviluppo della tecnica –con gli altri abitatori e con gli spazi terrestri, con gli animali e con le montagne e con  i fiori e le foreste, con i mari e i laghi e il sole, le stelle e l’aria. 

Il progressivo disfarsi del pluriverso ambientale naturale non è un aspetto separato e neutrale rispetto alle declinazioni del potere come ‘tecnico-logica’ di potenza assoggettante. I conflitti violenti nelle regioni medio-orientali e nord-africane, sono prolungament ‘apocalittici’ del ‘disagio’ della civiltà occidentale, la quale se per un verso ha invaso il pianeta con l’input del seduttivo sviluppo consumistico, ne ha causato anche il degrado del rapporto tra poteri e società,  con tensioni nelle relazioni tra i popoli, nell’insorgere delle manifestazioni terroristiche (anch’esse interne al meccanismo di ‘nevrosi del potere’, pur mascherandosi in conflitti religiosi), nelle decomposizioni  strutturali degli equilibri vitali eco-antropologici. L’emersione in forme drammatiche del razzismo, delle guerre d’inaudita indiscriminata pervasività, nell’abbrutimento crescente dell’azione umana che coinvolge anche lo stesso ambito della “razionalità”, facendone non spazio  del pensiero interrogante ma puro calcolo tecnocratico e finanziario. Le forme di vita sociale sono attraversate da incontrollabili insorgenze di ‘egoismi proprietari’, nel disfacimento di ogni memoria della natura umana storica e della tensione “sacra” tra umano e sua dimora terrestre.   Se è vero che la tecnica ha nelle mani il destino della storia è ad essa che bisogna restituire il suo limite, dove il limitarsi non significa  arresto della ricerca sperimentale ma il continuo ‘rivolgersi’ verso il proprio possibile sempre come eco dell’impossibile. Una nuova via che interagisca tra le specie – umane, animali, vegetali –  e le conformazione della materia della terra, risuonando  di un fremito dell’anima corporea terrestre in risonanza del Sacro, dove le differenze sono il riflesso dell’indistinto, del legame, immemoriale e germinante, che corre tra i corpi e le ‘arterie materiche’ della Terra.




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Waorani